Nell’articolo odierno si intende mettere l’accento su uno dei componenti più popolari per la produzione di materie plastiche e in modo particolare del PVC. Si tratta del DEPH, che presenta numerosi pregi dal punto di vista delle lavorazioni, ma purtroppo anche controindicazioni piuttosto serie, che vedremo di seguito più in dettaglio.
Il DEHP è uno ftalato, cioè una sostanza liquida poco volatile, generalmente inodore e incolore, che viene impiegata principalmente come plastificante all’interno del materiale peculiare, specialmente negli oggetti d’uso in polivinilcloruro (PVC).
Il DEHP è lo ftalato più utilizzato per i dispositivi medici in PVC, perché la plasticità che genera, rende i prodotti più semplici da usare e con meno probabilità di causare danni ai tessuti. Il contenuto di DEHP in materiale polimerico varia intorno al 30-35%, mentre nei dispositivi medici può essere presente dal 20 al 40 % del peso complessivo.
Questa sostanza viene aggiunta incorporandosi nelle catene di polimeri, provocando un distanziamento tra di esse e, di conseguenza, rendendo il materiale flessibile, morbido e facile da lavorare; mentre il PVC non plastificato è duro e fragile a temperatura ambiente.
Per le suddette ragioni, viene utilizzato in diversi ambiti, tra cui quello medicale, ad esempio, per: la produzione di tubi endovenosi, sacche di sangue e tubi per l’infusione, sondini nasogastrici, tubi per l’emodialisi, etc…
Per quanto riguarda le sacche sangue, il composto funge anche da stabilizzante e garantisce maggiori tempi di conservazione.
Alcune sostanze non si legano chimicamente al polimero, e la conseguenza potrebbe generare un rilascio di DEHP dai dispositivi medici di plastica all’interno delle soluzioni che vengono a contatto con essa. Alla base del processo risiedono numerosi fattori, quali la temperatura, il contenuto e, soprattutto, la durata del contatto con la plastica. In sintesi, quanto maggiore è la durata del contatto tanto maggiore è il rischio a cui viene esposto il paziente, con particolare riguardo ai soggetti affetti da patologie gravi, sottoposti a ripetute infusioni.
Molti ftalati sono stati identificati anche come sostanze chimiche interferenti con le azioni endocrine androgene nei mammiferi. Tale conclusione, si è evinta in seguito a diversi studi, se ne ricorda, ad esempio, uno ampio sui ratti, che hanno dimostrato come il DEHP possa compromettere la funzione testicolare, dato confermato da ulteriori recenti ricerche, le quali, più specificatamente, sottolineano un energico effetto inibitorio sulla produzione di testosterone nell’uomo adulto.
Le conclusioni, poco rassicuranti, dei lavori sopraesposti, convergono sull’ipotesi che tali sostanze possono quindi modificare significativamente le quote ormonali con riverberi potenziali sullo sviluppo dei sistemi riproduttivo, nervoso e sul metabolismo sistemico, determinando inoltre una predisposizione verso evoluzioni oncologiche.
Da quanto sopra, si può facilmente capire come, da tempo, il DEPH sia oggetto di discussione e sottoposto a numerose ricerche scientifiche in tutto il mondo, e oramai la raccomandazione consolidata si orienti per limitarne l’utilizzo, in modo particolare per evitare l’esposizione soprattutto sui neonati con patologie gravi, tali da renderli soggetti a svariate procedure cliniche, per i quali, ovviamente, l’insulto risultata amplificato rispetto agli adulti, a causa del loro ridotto peso corporeo.
Indipendentemente dalle evidenze sopra esposte, altre ricerche condotte su cavie, hanno portato alla scoperta di una incontrovertibile relazione fra DEHP e incidenza di neoplasie a carico di fegato, polmoni, cuore e reni, oltre a riflessi considerevoli sullo sviluppo fetale, sull’ induzione della sclerosi peritoneale, e varie altre affezioni.
Sono già stati fatti molti passi dall’Unione Europea verso un graduale abbandono dell’utilizzo, tra cui la classificazione del DEHP e altre tre sostanze (DBP, BBP, DIBP) come tossiche e, dal 7 luglio 2020, attraverso il regolamento 2018/2005/Ue, la Comunità ha stabilito il divieto di immissione sul mercato continentale di tali ftalati, nei giocattoli e in articoli con una concentrazione pari o superiore allo 0,1 % in peso del materiale plastificato.
Il compimento di detto percorso, ai sensi del regolamento UE sui dispositivi medici, si avrà dopo il 26 maggio 2024, quando l’applicazione del DEHP nei processi produttivi, richiederà una solida giustificazione tecnico-scientifica, coerente con le ultime linee guida del comitato scientifico pertinente. Ai sensi del regolamento UE sulle sostanze chimiche REACH, infatti, l’uso del DEHP nelle restanti applicazioni dovrà essere interrotto entro il 14 dicembre 2024 e nei dispositivi medici entro il 27 maggio 2025.
Ad oggi sono già presenti diversi flatati alternativi da impiegare nella produzione del PVC, e sono in fase di sviluppo materiali che possono essere ritenuti, a tutti gli effetti, sostituti del DEHP; tuttavia, è necessario comprenderne appieno non solo le proprietà di lisciviazione ma anche la potenziale tossicità e il loro l’impatto complessivo sull’efficacia del trattamento.
Una potenziale alternativa apparentemente valida, che ancora oggetto di numerosi studi, è il DEHT; un plastificante per uso generale, completamente idrolizzato, che presenta lo stesso numero di atomi del DEHP, ma formule strutturali e proprietà fisiche e chimiche diverse, che lo escludono dalla classe dei flatati.
In questo momento, e fino a prova contraria, ne sta diventando il principale sostituto, testato su molte applicazioni e con un portafoglio tossicologico completo; che permette l’impiego nella produzione di giocattoli, imballaggi e dispositivi medici. Inoltre, rispetta i requisiti imposti dall’Unione Europea relativi all’uso di sostanze nei giocattoli e nei prodotti a contatto con alimenti.
In conclusione, la ricerca vigila e correttamente focalizza la priorità sulla salute pubblica. La convergenza di evidenze sta portando una virtuosa evoluzione dei protocolli produttivi per le materie plastiche, concentrando l’attenzione su sostanze con tossicità sempre minore, in modo particolare quando si tratti di impiegarle in ambito medicale. Evidentemente detta evoluzione passa attraverso la revisione dei processi industriali da un lato, e dalla strutturazione di un impianto normativo restrittivo e congruo dall’altro.