Solo 35 anni fa, ovvero da quando alcune forme di neoplasie, da malattie con prognosi a breve termine hanno cominciato gradualmente a trasformarsi in malattie gestibili con prospettiva cronica, medici ed esperti oncologici hanno iniziato a svolgere ricerche e studi sull’alimentazione del paziente oncologico per capire come trattare al meglio queste malattie dal punto di vista nutrizionale.

La malnutrizione nei pazienti oncologici è tuttora molto frequente, soprattutto a causa delle terapie aggressive, come chemioterapia e radioterapia, che tipicamente provocano numerosi effetti collaterali come la nausea, disfunzioni gastrointestinali, avversioni alimentari apprese, etc …; queste condizioni li espongono alla perdita di massa muscolare, ad un aumento del rischio di impedimento fisico, a complicanze chirurgiche, a tossicità o perfino alla mortalità. Infatti, si può stimare che circa il 40 % dei pazienti oncologici soffra di qualcuna delle suddette condizioni, e che un quarto di questi muoia a causa della malnutrizione, invece che a causa della progressione della malattia.

Una corretta alimentazione svolge quindi un ruolo fondamentale per una persona malata di cancro, anche per il quadro prognostico, soprattutto per pazienti impossibilitati a utilizzare la cavità orale o enterale in modo adeguato e sufficiente per perseguire i fabbisogni nutrizionali.

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Al fine di ottenere i corretti nutrimenti viene attuata una specifica procedura terapeutica, che garantisce un’alimentazione sufficiente. Questa viene chiamata “Nutrizione clinica “e prevede l’introduzione di nutrienti nel tratto gastrointestinale tramite sonde (sondino naso-gastrico oppure PEG, nutrizione enterale), oppure direttamente nel torrente circolatorio (nutrizione parenterale) con un catetere venoso periferico o centrale; a quest’ultimo metodo si ricorre solo nel caso risulti impossibile ricorrere alla nutrizione orale o enterale.

La nutrizione enterale si sostanzia abitualmente nell’utilizzo di sacche che possono contenere specialità medicinali commerciali, prodotte da case farmaceutiche, oppure preparazioni galeniche che vengono formulate appositamente in base alle esigenze dei singoli pazienti. Le sacche possono sostituire completamente la nutrizione del paziente (nutrizione totale), oppure integrare l’alimentazione per os.

Alcuni studi svolti a partire dal 2011, però dimostrano che non sempre la nutrizione parenterale porterebbe a degli effettivi benefici clinici.

La PN infatti, dovrebbe generare un considerevole contributo di scorte caloriche, invertendo così gli effetti della malnutrizione e migliorando le risposte ai trattamenti, eppure, il rallentamento del catabolismo proteico e la sporadica inversione della perdita di proteine viscerali, non sempre si traducono in beneficio clinico. Nel contesto palliativo la PN è funzionale e prolunga la sopravvivenza, ma allo stesso tempo si è dimostrato che possa provocare effetti negativi come: infezioni alla linea, squilibri di liquidi ed elettroliti, problemi al fegato e al pancreas. Per questa ragione vengono redatte e costantemente aggiornate delle linee guida, sempre più mirate e consapevoli, da seguire soprattutto per il soddisfacimento del fabbisogno di nutrienti da parte di pazienti oncologici, con cancro in stadio avanzato, promuovendo la gestione dei sintomi e la qualità della vita per quelli terminali.

Di diverso orientamento è un altro studio italiano, presentato in un congresso da parte di specialisti e medici dell’ospedale AOU Careggi di Firenze, per dimostrare l’efficacia della nutrizione clinica nei pazienti oncologici. Questo studio retrospettivo ha analizzato dati provenienti da risorse amministrative su un campione di pazienti di 10 unità ospedaliere locali (cioè circa 5,9 milioni di persone) su un arco di tempo di 6 anni ; e ha descritto l’utilizzo della nutrizione clinica, andando a valutare i tempi alla prescrizione e l’impatto in termini di sopravvivenza su pazienti oncologici malnutriti.

Questa ricerca è stata svolta sulla base delle 5 categorie di malattie oncologiche con maggiore impatto, cioè i tumori del tratto gastroenterico, del tratto genitourinario e respiratorio, malattie ematologiche e tumori del testa-collo. Gli esperti sono andati a valutare quanti pazienti ricevano la nutrizione clinica in Italia, e il dato raccolto è risultato molto basso, emergendo un utilizzo dell’8.4 % per i pazienti metastatici e un 3.1 % nei pazienti non metastatici. Inoltre, hanno individuato  il momento di prescrizione della nutrizione clinica nella storia dei pazienti, risultando molto ritardato per oltre il 50 % dei casi, con un conseguente riverbero negativo, significativo sulle aspettative di vita; infatti in termini di impatto dell’utilizzo di questa procedura e di timing di sopravvivenza del paziente matastatico malnutrito, è stato dimostrato che, per tumori del tratto gastro enterico e genito urinario, l’utilizzo aumenti la sopravvivenza dei pazienti e in riferimento al timing, allunghi le aspettative di vita per oltre tre mesi.

Questi dati sono stati confrontati con altri studi condotti in tutta Europa, ed essendo retrospettivi, non garantiscono una valenza definitiva, ma possono essere definiti come una sorta di base per la formulazione di un’ipotesi che ci aiuti a configurare un quadro generale prospettico della realtà. Grazie a questo studio si è capito che: la nutrizione clinica nonostante la possibilità di incorrere in alcuni effetti indesiderati, è complessivamente molto raccomandabile e che la malnutrizione viene diagnosticata troppo poco e troppo tardi, impattando negativamente sul trattamento del paziente e sull’outcome.

Per aumentare la consapevolezza dei pazienti e dei medici nei confronti della necessità di attuare una nutrizione adeguata alla presenza di questa malattia, nel 2016, la Società Italiana di Nutrizione Parenterale ( SINPE) ha firmato insieme all’Associazione Italiana Oncologica Medica ( AIOM ) un documento che contiene le raccomandazioni pratiche per favorire il supporto nutrizionale in oncologia e una carta dei diritti del paziente oncologico per supportare una tempestiva ed efficiente somministrazione di nutrienti.